Quasar #47
PRONTI
L’arte della guerra è semplice. Trova il
tuo nemico.
Raggiungilo il più presto possibile.
Colpiscilo più forte che puoi, e continua
a muoverti.
Ulysses S. Grant (1822 -
1885)
Zona Quantica. Al centro della struttura, in quella che viene informalmente definita la sala riunioni. Tre uomini e due donne sono riuniti attorno a un tavolo, al cui centro vi è una sfera di energia brillante. Sospeso a mezz’aria, uno strano disegno a chiazze colorate, tra cui spicca chiaramente una grande massa nera.
-Questo è il nostro nemico – indica l’uomo dai capelli biondi alzandosi in piedi – Quella che vedete è una rappresentazione tridimensionale della nostra zona di omniverso. Come vedete, Nemesi non si è espanso in modo lineare, anzi sembra aver attaccato i multiversi praticamente in modo casuale.
-Noi quale siamo ? – domanda Molecola.
-Questa zona rossa – risponde Epoch indicando il punto, per l’occasione ridotta a dimensioni umane.
-E’…piccola. Come facciamo a combattere qualcosa di così grande come…!?
-La struttura ricorda un po’ la distribuzione delle galassie locali, in qualche modo – nota Nuvola.
-Sì, è in gioco un qualcosa di vagamente simile che chiamerei gravità n-dimensionale; noterete come le varie attrazioni universali sono…
-Qualcuno si ricorda quando una mezza dozzina di realtà erano la fine del mondo ? – divaga Makkari.
-Ripeto, come combattiamo qualcosa di così grande ?
-Abbiamo un piano – risponde seriamente Quasar – E’ passato meno di un mese da quando abbiamo recuperato l’arma ma siamo vicini a comprendere il suo funzionamento. Inoltre, finora ci eravamo basati fondamentalmente su due fonti di informazioni per comprendere Nemesi, gli studi di Destino e i dati della CIT e dell’Archivista. Ma le informazioni erano poco dettagliate, e Destino non possedeva la tecnologia degli Ottagoni. Oltre a comparare tutti i dati, Epoch mi ha aiutato a posizionare dei passaggi in diversi “punti critici”, in modo da conoscere con un certo grado di anticipo i movimenti di Nemesi. Per quanto sia potente, una cosa così enorme impiega molto tempo per muoversi.
-Abbiamo anche scoperto – continua Epoch – che, anche se fondamentalmente esatta, la teoria di Destino sulle capacità mentali di Nemesi si basava su dati incompleti. Adesso conosciamo con una certa approssimazione il rapporto massa/intelletto, quindi possiamo predire il momento del suo risveglio.
-Che sarebbe…
-Tra sette giorni, tre ore, quattro minuti e cinquantuno secondi. E’ la massima precisione che possiamo raggiungere.
-Se non ti conoscessi, Eppy, direi che stai sviluppando il senso dell’umorismo.
-Se così fosse non ti pregherei per l’ennesima volta di chiamarmi Epoch, Makkari. La teoria di Destino… che Nemesi diventi vulnerabile una volta riconquistata la sua mente… è ancora accettabile, ma temo avesse sottovalutato i suoi istinti.
-Allora quando dovrebbe iniziare ad attaccare il nostro multiverso ?
-Lo sta facendo da trentasei ore e tre minuti.
Nella stanza cala immediatamente il silenzio, quasi come se tutti si aspettassero di dover avvertire qualcosa. Ma non accade niente.
-Inutile sottolineare – continua Epoch senza cambiare voce o espressione – che l’attacco si svolge a miliardi di livelli di distanza, e che i suoi effetti non saranno sentiti ancora per diverso tempo.
-Quanto tempo ? – domanda nervosamente Molecola.
-Sette giorni, tre ore, un minuto e sette secondi. In altre parole, novantasei secondi prima del risveglio completo di Nemesi.
-Perché dobbiamo sempre lavorare con margini di tempo inesistenti !?
-Potresti evitare di dire quella parola, Owen ? – chiede Quasar.
-Quale, inesistente ?
-Già.
-Okay, scusa.
-Naturalmente, il Tribunale Vivente sta già arginando l’attacco, e contiamo di mettere in campo il Guanto dell’Infinito ben prima di allora.
-Sapevo che ci saremmo arrivati…
-Credimi, piace molto meno a me che a te, Mak, e neanche Warlock mi sembrava particolarmente entusiasta quando gliene ho parlato. Ma saremmo stupidi a non utilizzare un’arma così utile, non trovi ?
-Esattamente come hai distinto la sua faccia non entusiasta da tutte le altre, Quaze ?
-Allora quale sarà il nostro piano di azione ? – chiede Nuvola.
-Abbiamo suddiviso la strategia in quattro parti. Per prima cosa, stiamo rinforzando le barriere multiversali grazie all’intercessione di qualche pezzo grosso chiamato in causa da Epoch. La seconda parte avrà inizio il giorno prima del risveglio di Nemesi, portando l’Arma in quello che ci è sembrato il punto più sicuro… una sorta di zona-cuscinetto che si trova esattamente dall’altra parte di Nemesi rispetto alla nostra posizione. Collaboreremo con la Guardia dell’Infinito, per risparmiare le energie. La terza parte avrà inizio a poche ore dal risveglio: Epoch e Warlock, grazie al Guanto, rafforzeranno la barriera multiversale; il Tribunale Vivente ed altri pezzi grossi del suo calibro daranno battaglia a Nemesi fino all’ultimo secondo. Come quarta e ultima parte, utilizzeremo l’Arma nel momento esatto del risveglio di Nemesi, contando sul fatto che la sua attenzione sia divisa tra le varie difese. Questa sarà la parte più difficile, dato che abbiamo solo una settimana di tempo per scoprire esattamente cosa dobbiamo fare. Qualunque cosa debba fare l’Arma, comunque, il Tribunale e gli altri approfitteranno della pausa per separare tra di loro le masse di Nemesi rimaste inerti…secondo il filmato dell’Archivista, tutto questo dovrebbe essere più o meno una ripetizione di quanto è successo 47 miliardi di anni fa.
-E se non funzionasse ? – chiede Nuvola, scatenando un altro silenzio prolungato, rotto poi da Quasar.
-Stiamo studiando qualche ultima procedura disperata, ma…se il piano principale non funziona…le nostre possibilità scendono sotto lo zero.
Pochi minuti dopo, una volta chiariti tutti i dettagli. Tra i corridoi della struttura, Quasar e Makkari camminano lentamente verso l’uscita.
-Allora, Quazester… non sei contento che questa gigantesca super-minaccia sia praticamente agli sgoccioli ?
-Inizierò ad essere contento quando non ci sarà una massa di anti-realtà più grande del nostro universo pronta a diventare cosciente ed attaccarci.
-Ti fai sempre dei problemi per delle sciocchezze, lo sai vero ?
-Non sono io quello che pensava…
-Okay, okay…mi avete preso abbastanza in giro per questa cosa nell’ultimo mese. Questa è l’ultima volta che vi confido qualcosa. Inizia a non essere più divertente.
-Oh, sono sicuro che non ci faremo bloccare da una sciocchezza.
-Cavolo, ma dov’è Thanos quando c’è bisogno di lui ?
-Eheh.
-Va meglio, adesso ?
-No. C’è sempre quella massa di anti-realtà eccetera eccetera, ricordi ?
-Ricordo anche il numero di scarpe di Platone, ma non ci sto a pensare tutto il giorno. Prendi esempio da Lara.
-Ah, giusto. Penso che mi farò un viaggietto di cinquecento milioni di anni nel futuro per incontrare un’entità cosmica che mi dia una nuova comprensione dell’universo come piano per fermare la propria madre.
-Ecco, questo è lo spirito giusto.
I due continuano a camminare in silenzio, salendo la piccola scala che porta all’esterno. Aprendo manualmente il portellone, Quasar rompe il silenzio.
-Posso essere sincero, Mak ?
-Sempre.
-Ho paura.
-Ah.
I due Protettori escono, mettendosi immediatamente in volo per raggiungere l’Arma. Alle sue spalle, la struttura diventa sempre più piccola per poi scomparire; devono accelerare di parecchio perché la sfera argentea inizi ad occupare tutto il loro campo visivo.
-Beh, immagino sia normale, Quaze. Voglio dire, il mondo…l’universo potrebbe finire tra una settimana.
-E’ che… hai mai l’impressione, di tanto in tanto… di aver leggermente perso il contatto con la realtà ?
La sfera argentea è ormai un piano dall’orizzonte lontanissimo, e la sua pesante gravità si fa sentire. Makkari batte un paio di volte la punta dello stivale sul proprio riflesso sulla superficie dell’arma.
-Vuoi dire tipo, quando mi trovo in una dimensione composta di energia potenziale insieme ad un umano che può radere al suolo le montagne con un gesto della mano su un’arma più vecchia dell’universo e grande quanto un sistema solare ?
-Una situazione del genere, sì.
-Ah. Allora no, non ho idea di cosa tu volessi dire.
-Voglio dire, sono stato in altre galassie e ho parlato con degli alieni… sono stato dentro alle stelle, sono morto e resuscitato, ho avuto la Coscienza Cosmica, ho conversato con esseri concettuali a cui basta schioccare le dita per creare e distruggere interi universi…parlo ogni giorno con un immortale, un uomo che parla con le molecole e un corpo celeste… che diavolo…e ho anche conosciuto il diavolo… in un paio di giorni potrei organizzare un incontro con la Morte in persona, ma quando cerco di afferrare pienamente il concetto di Nemesi…quando ricordo quello che ho visto incontrandolo… Non ho mai avuto più paura in tutta la mia vita, Makkari. E adesso…lui è là fuori, e dobbiamo andare a fermarlo. Noi.
-Wow. Certo che sai come smorzare l’entusiasmo di qualcuno.
-Però, se non altro, non mi sono mai messo a pensare di essere…
-Avevo detto basta ! Ho recepito il messaggio ! Uno scherzo è bello quando dura poco, e anche per un immortale un mese non è “poco”.
-Ed esattamente, quando avresti attuato questo concetto in vita tua ?
Quasar sorride, e anche Makkari. Poi, si rialzano in volo.
-Non è questo il punto…
All’interno dell’Arma, quattro ore dopo. Dopo intense ricerche, Quasar e Makkari sono riusciti a trovare il vero centro di controllo, proprio sotto quello che sembra il motore principale…o quantomeno, il punto nevralgico di un qualche tipo di sistema di alimentazione.
Il centro di controllo è una stanza di forma conica, alta diversi chilometri, sulla cui base sono posizionati sistemi informatici il cui funzionamento è ben oltre le possibilità di comprensione di qualunque specie attualmente esistente (anche se molte amerebbero pensare il contrario). L’unica cosa certa è che i comandi sono forniti tramite una lastra opaca color mogano, un rettangolo di circa cinque metri per tre.
Dalla punta del cono scende una colonna dorata, al cui esterno sono visibili dei fili larghi quanto degli oleodotti. A circa cinquanta metri dal “suolo”, la colonna si interrompe restringendosi drasticamente fino a una quindicina di centimetri. Dalla rete di computer sale un’altra colonna, speculare, che rimane distanziata dall’altra di circa diciassette centimetri.
-Allora…immagino che l’omniverso lo salveremo da qui, Quaze.
-Sempre che Epoch riesca a trovare un modo per inserire i comandi. O per farla andare. I motori nella “stanza” di sopra generano più energia di un centinaio di nuclei galattici, ma sembra che sia necessaria una fonte di energia esterna per fare…qualunque cosa debba fare contro Nemesi.
-Capisco. Tanto vale dare un’occhiata in giro, comunque, giusto per essere sicuri che una volta attaccata la spina non parta il programma “distruggi l’universo più vicino”.
-Se fosse stato così, forse ci dovevamo portare dietro Maelstrom. Si sarebbe divertito. Dio, non riesco a credere di averlo detto.
-Sotto pressione si fanno sempre battute tremende, tranquillo. A meno che tu non sia, non so, l’Uomo Ragno o Rick Jones.
-O Makkari.
-Scherzi ? Se fosse per me, metà delle mie battute verrebbero cancellate dalla memoria dell’umanità. Senti, non abbiamo avuto modo di parlare molto dell’introduzione di Maelstrom nel gruppo…
-Ah, sì, sapevo ci saremmo arrivati. A Nuvola non importa granché e Molecola non ne parlerebbe di propria iniziativa neanche se ne andasse della sua vita, Mr. S non lo vediamo praticamente più, ed Epoch…è Epoch.
-Mi va bene che dia una mano, ma…esattamente, come mai non è sempre rinchiuso nella sua cella ?
-Mak, quale dovrebbe essere lo scopo principale di una prigione ?
-Tenere i cattivi lontani ?
-Ho detto dovrebbe. Riabilitare. Maelstrom è irrecuperabile, probabilmente…ma almeno, lavorando con noi sta restituendo all’universo un po’ di quello che ha preso.
-Ti rendi almeno conto che, con lui nei paraggi, rischiamo molto di più ?
-Non ho mai pensato che avrei fatto per sempre questo lavoro, Mak. Ora, possiamo fare una simulazione, o qualcosa di simile a capire a cosa serva quest’arma ?
-Considerando che non ho idea di come inserire o leggere dei dati, che non conosco neanche la funzione di un bullone qui dentro, che il sistema di difesa può farci fuori in un miliardesimo di secondo, e che se per sbaglio facciamo fuoco e sbagliamo bersaglio tutto il creato se ne va a quel paese ? Direi che siamo più che pronti.
-Allora, giusto il tempo di prendere il carburante, e proviamo a farla partire.
Una manciata di secondi dopo, Quasar ritorna nella stanza poco dopo averla lasciata. Nelle sue mani, trattato con estrema delicatezza, un cubo di materiale trasparente, al cui centro pulsa impercettibilmente una piccola sfera di energia rossa, circondata di veloci scariche più scure.
-Pronti ? – domanda.
-Forse.
-“Forse” ?
-Quanto possiamo esserlo date le circostanze.
-Speravo in un “sì”, Mak.
-Signorsì signore, siamo assolutamente pronti per ciò che ci aspetta e non vediamo l’ora di darci fa fare, signore !
-Preferivo il “forse”.
Avvicinando le mani con una cautela sovrumana, Quasar posiziona il Cubo Cosmico nell’interruzione della colonna, e poi lo lascia andare. Il Cubo fluttua a mezz’aria, esattamente a metà tra i due poli. La sfera di energia sembra pulsare un po’ più in fretta, quando il cubo viene circondato da una fitta rete di scariche elettriche. Quasar aspetta impaziente che succeda qualcos’altro, ma si sente solo il leggero crepitio delle scariche.
-Ecco, forse… - dice a se stesso grattandosi la testa – Ci dev’essere un interruttore da qualche-
Uno dei fili della colonna viene percorso da un due veloci impulsi bluastri, che si incontrano a metà strada colpendo il Cubo. Un’unica scarica blu acceso viene rifratta verso gli occhi di Quasar, che rimane paralizzato e circondato da scariche elettriche.
Makkari corre subito verso di lui, scoprendo subito che se le scariche probabilmente non sono di natura elettrica, fanno altrettanto male al tocco. Gli occhi di Quasar emanano quello che sembra un campo stellato, ma molto più acceso di quello che Makkari ha visto in passato sul volto di Capitan Marvel. Lui però non aveva la bava alla bocca, l’ultima volta che l’ha visto.
Makkari prova un collegamento mentale, ma otterrebbe più risultati provando a parlare con un muro. Un’altra scarica bluastra attraversa il muro, ma Makkai riesce ad evitare di essere colpito e corre verso la lastra di comando. Con un po’ di esitazione, la sfiora con una mano… trovandosi subito respinto da una scarica elettrica. Prima di fare altro guarda ancora il suo amico, e lo vede finalmente libero dalla rete energetica e in grado di muoversi.
-Quaze !!! Tutto bene ?
-Sì…credo di sì… - risponde con poca energia il Protettore dell’Universo, ripulendosi la bocca e scendendo velocemente.
-Davvero ? Sembrava abbastanza…
-Ho detto che sto bene, Mak. Ero solo...impreparato, credo.
-Che è successo ?
-Mi ha…parlato. Credo.
-Tu “credi”.
-Forse non ho una vita che si potrebbe definire normale, Mak, ma non parlo tutti i giorni con strumenti di distruzione più vecchi dell’universo.
-Che ti ha detto ?
-Che riconosceva il bersaglio e il comandante, adesso.
-Quindi il bersaglio era…
-Nemesi.
-E il comandante…
-Io.
-Così adesso comandi anche un’arma grande quanto un sistema solare, Quaze ?
-Già.
-Figo. Bisogna avere la bava alla bocca per comandarlo ? Non è questa gran novità.
-Mi ha anche fatto vedere la sua programmazione…o almeno, mi ha spiegato il suo funzionamento.
-Un’arma cortese. Mi piace. Allora, come funziona ?
-E’ una macchina per creare universi, che tu ci creda o no.
-Ah. E usarla contro Nemesi non è un po’ come regalare un camion di birra ad un alcolizzato cronico ?
-Mak, questa macchina è stata progettata per immaginare universi. Quello che ci ha mandato contro, quando eravamo al suo interno, era uno scenario prestabilito. Con tutta la sua potenza di calcolo, non è stata in grado di dirmi neanche quanti universi al secondo è in grado di immaginare.
-Non per ripetermi,Quaze, ma contro Nemesi tutto questo…
-Non lo so. Ma ha funzionato una volta. Dovrebbe poter funzionare ancora, forse.
-Avrei preferito un “con questa friggeremo Nemesi premendo un pulsante”.
-Se non altro, con tutto quello che ci è successo, siamo comunque più pronti alla battaglia di quanto non lo fossimo al primo scontro.
-Ecco, così Q-Z…continua a rassicurarmi, bravo…
-“Q-Z” ?
-Chiedi ad Epoch quante storpiature di “Quasar” esistono, poi vedremo se ti lamenti ancora.
-Sarà il caso di aspettare che la testa abbia smesso di girarmi, e che mi sia tolto dalla vista tutte quelle galassie.
-Okay. Tanto tra un po’ avremo sempre meno cose da aspettare.
I due amici si siedono sul pavimento vecchio di dozzine di miliardi di anni, fissando gli atavici meccanismi. Non c’è nessun suono tranne qualche lontana scarica emessa dal Cubo. Poi, Makkari sente un suono che non avrebbe pensato di poter ascoltare di nuovo in questa vita. Quasar sta ridendo.
-Che c’è ?
-Niente…ripensavo a una cosa…
-Quaze, ho appena rischiato un triplice infarto per quello che hai fatto, e ti ricordo che non ho neanche bisogno di respirare. Un po’ di risate farebbero comodo anche a me.
-Ripensavo a quando hai detto…eheh…che una volta hai pensato di non poter essere utile al gruppo…
-Zuras, non ancora quella storia.
-…e perché sapevi solo correre…e in quattromila anni non sei mai riuscito a ricordarti le costellazioni… ahahah… ed una volta hai provato a correre verso la Stella Polare, solo che non sapevi qual era e allora sei salito sul monte Olimpo perché credevi… oddio… che per andare a nord bisognasse salire il più possibile…
-Per Olympia, uno fa un piccolo errore di valutazione prima ancora che inventassero il telescopio, e non può vivere in pace… quand’è che la smetterete di prendermi in giro per quell’aneddoto ?
-Oh, beh – risponde Quasar recuperando un minimo di compostezza – Solo altri sette giorni, se ti va bene.
I due amici si guardano negli occhi, con espressione seria…e da un momento all’altro scoppiano in una fragorosa e liberatoria risata. Cercano di fermarsi più volte, ma continuano per quasi due minuti. Alla fine, quasi esausti, recuperano fiato e fissano in silenzio il muro davanti a se.
-Non è una cosa su cui dovremmo scherzare, credo – ammette Quasar.
-Già…probabilmente.
Quasar e Makkari si guardano ancora… e ricominciano a ridere, felici di potersi sentire vivi ancora per un po’. Felici di essere pronti a combattere per poter continuare a farlo.
CONTINUA…